De reditu

Un modello di racconto del passato

Rivisto oggi in piena crisi di sistema, il film apre ancora ad altri pensieri sulla portata del declino che tentiamo di esorcizzare

Il film De reditu (2003) è stato ed è tuttora per me un modello di racconto del passato che, intrecciando un testo del V secolo d.C. con il linguaggio filmico del 2000, riesce  a emozionare, far pensare, cogliere con intensità la fine di un epoca e gli albori di quella che verrà.

Non ho in mente la storia come improbabile maestra di vita, quanto riconoscere il cambiamento nel passato, vederlo srotolarsi con i suoi protagonisti schierati sul campo come mai potremmo riconoscerli nel nostro cambiamento, quello che viviamo.  Rivisto oggi in piena crisi di sistema, il film apre ancora ad altri pensieri sulla portata del declino che tentiamo di esorcizzare con rituali sempre meno rassicuranti e sulla durata di questi trapassi epocali che si allargano a più generazioni.

I grandi latifondisti romani rifugiati nei loro possedimenti con eserciti privati convivevano in equilibrio con i poteri che si contendevano la penisola, lontano dalle rovine delle strade non più mantenute e dall’anarchia delle bande che rapinavano i viaggiatori. Si intravedono chiaramente i contorni dei futuri feudatari ma tutto è di là da venire. C’è materia di identificazione in ogni scena e lo stesso protagonista Rutilio Namaziano, autore del testo e ultimo scrittore della letteratura latina, ci coinvolge nella sua nostalgia e nel suo smarrimento, ma vediamo anche con chiarezza come sia destinato a perdere. Il De reditu è un caso raro in cui il film ha spinto alla lettura di un testo letterario, poco conosciuto come tutto quel periodo della tarda antichità prima del medioevo ed è stata per me  una scoperta, l’apertura di una breccia in un sistema di conoscenze che l’età tende a cristallizzare: è questo quello che il rapporto con i segni del passato deve innescare.

Il regista Bondì, senza pepli e calici e anche con una qualche libertà rispetto al testo storico, è riuscito a trasmettere il timbro di una svolta della storia che non è un terremoto ma un progressivo sgretolarsi del sistema con sobbalzi e apparenti riprese, mentre gli assetti futuri si intravedono appena, con segnali sottotraccia  per quei  pochi, come un Giuseppe De Rita per esempio, che li sanno leggere guardando come i corpi sociali si organizzano e trovano nella quotidianità i modi per andare avanti.

Claudio Rutilio Namaziano, De Reditu suo, trad. it Il ritorno, Aragno Editore, Torino, 2011
Claudio Rutilio Namaziano, De Reditu suo, trad. it. Il ritorno, Einaudi, Torino, 1993

Mi piace inoltre segnalare un lavoro del Liceo classico “Eliano” di Palestrina: De Reditu: Un itinerario [download pdf]